Venezia Biennale Arte 2022 – La bellezza del Libano spiegata al mondo

Venezia Biennale Arte 2022 – La bellezza del Libano spiegata al mondo

Assadakah incontra Nada Ghandour, curatrice del Padiglione Libanese alla 59a

Esposizione Internazionale d’Arte – Biennale di Venezia, che illustra l’impegno e

L’importanza del significato della cultura per quanto riguarda la Terra dei Cedri nel contesto

Dell’attuale situazione nazionale e globale

Ho assunto con entusiasmo l’incarico di portare il Libano alla 59a Esposizione Internazionale d’Arte La Biennale di Venezia, uno degli eventi più prestigiosi nel mondo dell’arte contemporanea, evento di grande importanza per il mio Paese.

Quali sono le ragioni che hanno portato a rappresentare il Libano con il progetto

portato alla Biennale e qual è il motivo trainante del progetto?

“Il Padiglione del Libano presenta ‘Il mondo a immagine dell’uomo, che mette in mostra

L’;azione costante dell’immaginazione sulla realtà del mondo contemporaneo. Più che mai

la narrativa ispira e nutre la nostra vita quotidiana. Il progetto invita a un viaggio simbolico

grazie a questo tema, una città in particolare che è Beirut, e due artisti, Ayman Baalbaki e

Danielle Arbid, che mantengono un dialogo politico ed estetico, attraverso opere così

lontane eppure così vicine”.

Quindi la capitale del Libano non è vista solo come una città, ma come un simbolo,

un modo di essere?

“Questo tema non ha confini, tutti gli individui di tutte le culture possono interpretarlo e

appropriarsene attraverso la propria percezione. Ayman Baalbaki e Danielle Arbid hanno

scelto Beirut per illustrarlo. Beirut è una città del mondo, è la porta del Medio Oriente e la

finestra sul Mediterraneo, ricca di espressioni artistiche e di scambi di culture e civiltà”.

 

Beirut e Libano sono dunque una chiave di lettura anche e soprattutto per l’arte?

“Il punto di partenza di entrambe le opere sono le strade di Beirut, che illustrano questioni

locali che possono essere trascritte a un livello universale. Danielle Arbid e Ayman

Baalbaki, infatti, hanno scelto come soggetto di riflessione e creazione questa urbanità

poliedrica, al centro degli sconvolgimenti della crisi globale e dell;instabilità emotiva di un

rapporto particolarmente tecnologico con il mondo. Grazie all’arte che sa decifrare i codici

della nostra visione, trascriverli e farli

Come si inseriscono le opere degli artisti in mostra nel quadro generale del

progetto?

“Il dialogo tra i due artisti rivela la crescente competizione tra materiale e virtuale. La

grande installazione di Ayman Baalbaki e il video di Danielle Arbid evolvono tra

un’immagine mentale diventata realtà grazie al gesto plastico di Baalbaki e una realtà

tangibile che negli occhi di Arbid è diventata pura visione”.

Il Libano è stato attraversato sia dalla tradizione che dalla modernità e, fin

Dall’antichità, è stato un importante problema territoriale. Com’è affrontato questo

tema alla Biennale 2022?

“Certo il Libano è sempre stato un snodo tra Oriente e Occidente, ha più volte sofferto di

essere il ricettacolo, suo malgrado, di tante tensioni provenienti da altrove e che hanno, di

volta in volta, trasformato profondamente la città, la città più lavoro compiuto Più che mai,

il dramma politico, economico e sociale che il Libano sta vivendo dal 2019 ha portato

Beirut, città martire e potenziale città del futuro, davanti agli occhi del mondo. E i suoi echi

risuoneranno nel Padiglione libanese dell’Arsenale

Presentiamo i due artisti e spieghiamo come raccontano il progetto del Padiglione

del Libano, che hanno anche chiari riferimenti all’attuale situazione politica…

“Danielle Arbid presenta un video intitolato “Allô Chérie”, che fa parte della serie ‘My

Libanese Family’. Un’opera che risponde, attraverso le sue immagini, a quella di Ayman.

In quest’opera il personaggio (la madre di Danielle) è l’immagine del Libano: lo incarna,

con una mentalità fatalistica, il gusto per il rischio e l’;esuberanza. È coinvolta in una

frenetica corsa al denaro, guidando attraverso Beirut. La sua lotta è inseparabile dalla

violenza che prevale oggi in Libano e che è vissuta anche in altri paesi.

Ayman Baalbaki sottolinea un altro problema politico con la sua installazione intitolata ‘Janus Gate’ che

descrive Beirut come un luogo disturbato dalla presenza di barricate e confini.

risuonare in una forma o nell’altra”